Gianluca Pagliuca: “Ricordi indelebili. Ogni anno portavamo a casa un trofeo”

Gianluca Pagliuca: “Ricordi indelebili. Ogni anno portavamo a casa un trofeo”

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Con 286 presenze, delle quali 198 in Serie A, è tuttora il portiere con più presenze nella storia blucerchiata. Alle sue parate sono indissolubilmente legati quasi tutti i trionfi – eccetto, per mere ragioni “anagrafiche”, la Coppa Italia 1984-85, quando era ancora un prospetto delle giovanili del Bologna – dell’epoca d’oro. Lo stiamo rivedendo in questi giorni, con un innegabile velo di malinconia, sollevare al cielo di Göteborg la Coppa delle Coppe. E lo abbiamo ringraziato, ancora una volta, nel nostro 5 maggio: quel pomeriggio a San Siro – citofonare Lothar Matthäus per eventuali dubbi – l’Inter si trovò a fronteggiare un autentico muro di muscoli, riflessi e istinto.
Gianluca Pagliuca è nella Storia della Sampdoria. E noi abbiamo avuto il piacere di ospitarlo, ieri, per ascoltare i suoi ricordi personali, ma anche le opinioni sul presente.

Dalla notte di Göteborg nacquero, a detta di molti, i presupposti per la stagione dello Scudetto: “La vittoria della Coppa ha dato autostima, sicurezza. Dicevano tutti che eravamo immaturi. Che la Sampdoria non avrebbe mai vinto il campionato. Perché nelle coppe riuscivamo sempre ad arrivare in fondo, con meno partite, mentre in campionato eravamo più in difficoltà. Invece quell’anno siamo partiti bene, abbiamo avuto delle pause, ma ci siamo subito ripresi. Eravamo consapevoli. La Coppa delle Coppe ha davvero dato il là alla vittoria dello Scudetto”.
E proprio in quell’anno, la benzina arrivò anche dalla voglia di rivincita: “Vialli e Mancini, dopo un Mondiale in cui non furono protagonisti come avrebbero potuto essere, volevano rifarsi. Lo stesso Vierchowod voleva dimostrare di essere ancora lo stopper più forte del campionato. Io volevo diventare il titolare della Nazionale. Ognuno di noi aveva stimoli, e la voglia di vincere finalmente questo ‘benedetto’ Scudetto, che era alla nostra portata”.

Un momento, in particolare, rese chiaro a tutto il gruppo che fosse davvero l’anno buono: “Dopo il pareggio in casa con la Lazio, ci fu una serie di vittorie. A Cesena, 0-1 con gol di Branca, soffrendo come cani. Poi in casa con la Fiorentina all’ultimo minuto. Partite giocate male, ma vinte. Partite che gli anni precedenti non avremmo vinto. E poi lo scontro diretto con la Juventus, dominato. Lì abbiamo capito”.
Impossibile non parlare della partita di Milano, di cui Pagliuca fu protagonista assoluto: “Di quella ricordo tutto, ogni particolare. Ho giocato anche la Finale del Mondiale, ma l’emozione, la gioia, che ho avuto quel pomeriggio è indescrivibile. Ho sofferto 95 minuti, l’Inter attaccava, era davvero una grande squadra. Noi siamo stati bravissimi, abbiamo incassato come boxeur, e gli facevamo male in ripartenza. Lì ovviamente abbiamo avuto la certezza quasi matematica, è stata un’apoteosi”. Una curiosità sul famoso rigore respinto a Matthäus: “Un enorme piacere, ma anche un po’ di danno. La presi col braccio e, in parte, col collo. E mi ruppe la catenina che mi aveva regalato mia mamma”.

Ma furono in generale stagioni straordinarie: “Ricordi indelebili. Ogni anno portavamo a casa un trofeo. Avevamo un grandissimo gruppo, un Presidente che era uno spettacolo, un allenatore che usava ‘bastone e carota’ quando ci voleva, un Direttore Sportivo che era veramente molto capace. Era un gruppo ristretto, ma tutti molto competenti. E noi calciatori, chiaramente, abbiamo fatto il nostro. In un calcio più bello, più umano, senza l’organizzazione – eccessiva – che si vede adesso. Pensate che Battara, il mio preparatore, non veniva nemmeno alle partite, il riscaldamento me lo faceva Giulio Nuciari. Annate memorabili, purtroppo finite con quella maledetta sconfitta del ’92”.

Proprio le due finali perse, quella di Wembley e quella di USA ’94 con gli Azzurri, sono il punto dolente di una carriera fantastica: “Il rimpianto di perdere due finali così viene dopo. Subito non te ne rendi conto. Dopo dieci, venti anni pensi ‘che occasione ho perso’. Per un rigore sbagliato potevo essere Campione del Mondo, per cinque minuti ancora potevo essere Campione d’Europa con la Samp…”

Lo sguardo si è poi spostato sul presente. In una recente intervista, Pagliuca ha proposto una toccante analogia tra Siniša Mihajlović e Vujadin Boškov, del quale l’ex portiere non riesce a parlare al passato: “Due serbi, molto estroversi. Tempi diversi, certo, ma il ‘succo’ è quello. Due persone umane, vere, che se hanno qualcosa da dire, te lo dicono. Due istrioni che sanno sempre sdrammatizzare. Si assomigliano molto”.

Il suo attuale erede in maglia Samp, Emil Audero, è stato spesso oggetto di critiche: “L’anno scorso mi è piaciuto molto, ha fatto una grandissima stagione. Quest’anno ha avuto qualche pausa, che è normale in un portiere giovane”. E con i giovani, si sa, “bisogna avere pazienza. Secondo me è un portiere che ha qualità, fisico, personalità”. Interessante il parallelo con un coetaneo di grande prospettiva, Alex Meret del Napoli: “Anche lui dopo le belle cose mostrate alla SPAL, in azzurro ha avuto qualche problema. Ma in Italia spesso non si ha la pazienza necessaria”. 

Oggi Pagliuca è divenuto un preparatore, con il ruolo del portiere – sempre più partecipe nella manovra di squadra – che ha conosciuto una notevole evoluzione: “La mia priorità è che il portiere pari. Ovvio che il calcio è cambiato, ed è importante saper giocare con i piedi e prendersi delle responsabilità quando il tuo difensore ti dà la palla dietro, per cominciare il gioco. Prima cosa parare, ma il portiere deve oggi essere in grado di organizzare la costruzione”

Spazio poi alla stretta attualità, con l’emergenza coronavirus ancora purtroppo al centro. I primi test, propedeutici alla ripresa degli allenamenti, hanno subito evidenziato diverse positività al Covid-19 in Serie A, delle quali ben quattro in casa Samp. L’ex portiere non è affatto ottimista: “Non la vedo bene. Se fossi ancora un atleta, avrei paura ad andare in campo, avere contatti con i colleghi”. La soluzione migliore, nonostante la volontà sembri quella di riprendere entro qualche settimana, sarebbe secondo Pagliuca quella di “ricominciare con calma, a settembre. Magari con un vaccino a disposizione. Adesso è davvero un rischio giocare, non si potrebbe nemmeno esultare assieme. L’atleta è quello che rischia meno, è giovane e guarisce, ma potrebbe contagiare altre persone. In cuor mio c’è la speranza che si possa ripartire, ma lo vedo molto molto difficile”.

Chiusura, infine, con il ricordo della celebrazione per i 25 anni dallo Scudetto nel 2016: “Una serata bellissima. E l’anno prossimo c’è il trentesimo… Ecco, mi auguro di festeggiarlo con la Sampdoria molto più in alto in classifica, magari in Europa League. E’ la mia speranza, per ritrovarci tutti al Ferraris, col Mancio, con Luca, e fare una festa ancora più bella”.

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